Anno d’apparizione: 2018
Superficie: 117600 km2 | Popolazione: 5352000 |
Religione | Percentuali |
---|---|
Cristiani | 46.40 % |
Musulmani | 51.60 % |
Agnostici | 1.30 % |
Altri | 0.70 % |
Nel 1997, quattro anni dopo l’indipendenza, l’Assemblea nazionale dell’Eritrea approvò la Costituzione del Paese. L’articolo 19 recita: «Ogni persona ha il diritto alle libertà di pensiero, coscienza e fede». Nello stesso si aggiunge inoltre che: «ogni persona deve avere la libertà di praticare qualsiasi religione e manifestare tale pratica»1. Tuttavia, la Costituzione in quanto tale non è mai stata applicata, e le autorità hanno sempre governato sulla base di decreti. In uno di questi, pubblicato nel 1995, il governo ha indicato che solo quattro comunità religiose erano riconosciute dallo Stato: la Chiesa ortodossa di Tewahedo, la Chiesa evangelica luterana di Eritrea, la Chiesa cattolica e l’Islam sunnita2.
Negli ultimi anni le autorità hanno tenuto sotto controllo le leadership della Chiesa ortodossa e della comunità musulmana, i cui vertici sono nominati dal partito al governo, il Fronte popolare per la democrazia e la giustizia. Il governo corrisponde inoltre lo stipendio ai principali rappresentanti della Chiesa ortodossa e controlla i loro mezzi di trasporto, incluse le razioni di carburante, nonché le loro attività e risorse finanziarie. Al contrario, la Chiesa cattolica e la Chiesa luterana hanno mantenuto un certo grado di autonomia.
Secondo il rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale3, le quattro comunità religiose autorizzate devono tuttavia ancora richiedere il permesso dell’Ufficio degli affari religiosi per pubblicare la loro letteratura religiosa e distribuirla tra i loro fedeli. I leader e i media religiosi non sono autorizzati a commentare questioni politiche. I gruppi religiosi sono inoltre tenuti a presentare rapporti sulle loro attività al governo ogni sei mesi. Al fine di affermare la propria autorità e di presentare regolari solleciti, ogni anno l’Ufficio degli affari religiosi ribadisce la disposizione contenuta nel decreto del 1995 in materia di organizzazioni religiose. Tale provvedimento impone alle quattro religioni riconosciute di non accettare fondi dall’estero, di operare in base all’autosufficienza finanziaria e di limitare le proprie attività al solo culto religioso. Il decreto afferma inoltre che se le Chiese desiderano impegnarsi in opere sociali, devono registrarsi come ONG e concedere il controllo dei loro finanziamenti provenienti dall’estero alle autorità. Pur non essendo applicati o osservati nelle pratica, questi divieti contribuiscono ad aumentare la precarietà della situazione delle Chiese.
Oltre alle quattro religioni ufficialmente riconosciute, gli altri principali gruppi di fede presenti nel Paese sono i cristiani pentecostali, gli evangelici e i testimoni di Geova. Questi sono stati tollerati fino al 2002, ma da allora è entrato in vigore un decreto che richiede ai loro organi di governo di presentare richiesta di registrazione con informazioni dettagliate riguardanti i loro leader. Le autorità hanno avvertito i rappresentanti delle comunità che se queste non si fossero conformate sarebbero state dichiarate illegali. La procedura tuttavia è complessa e ciò ha consentito il compimento di vessazioni ai danni di tali gruppi.
A causa delle restrizioni sopra menzionate, è particolarmente difficile trovare informazioni riguardanti l’attuale situazione della libertà religiosa in Eritrea. Nel gennaio 2018, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annoverato l’Eritrea tra i “Paesi che destano particolare preoccupazione” a causa delle gravi violazioni della libertà religiosa4.
I testimoni di Geova hanno continuato a essere presi di mira in ragione del loro rifiuto di prestare il servizio militare, che è invece obbligatorio. È difficile sapere esattamente quanti seguaci di questa denominazione religiosa si trovino attualmente in regime di detenzione poiché le autorità non consentono agli osservatori dei diritti umani internazionali di entrare nel Paese e giacché è raro trovare fonti affidabili di informazioni entro i confini nazionali. I testimoni di Geova sono stati privati ??della cittadinanza nel 1994, dopo che si erano rifiutati di partecipare al referendum per l’indipendenza del Paese nel 1993. A causa di questa politica, il governo ha rifiutato di concedere loro documenti ufficiali come passaporti, documenti di identità (che sono necessari per lavorare) e visti di uscita5. Un serio problema dal momento che oggi una forma di identificazione è obbligatoria anche solo per utilizzare i computer negli Internet café.
Il governo ha talvolta concesso visti alle diocesi cattoliche, consentendo loro di ospitare esponenti della Chiesa in visita da Roma o da altre località straniere. Ai membri del clero cattolico è permesso viaggiare all’estero per motivi religiosi e di formazione, sebbene il numero dei membri ai quali è consentito viaggiare non sia giudicato sufficientemente adeguato dai rappresentanti della Chiesa. Ai seminaristi che non hanno completato il loro servizio militare nazionale - che può durare 10 anni o anche più - sono stati negati i passaporti o i visti di uscita per proseguire la loro formazione teologica all’estero.
Il 31 ottobre 2017 nella capitale Asmara, decine di studenti della scuola islamica al Diaa6, che era stata chiusa dalle autorità, hanno manifestato davanti all’Ufficio del Presidente. Alcuni giorni prima, il 27 ottobre, il preside della scuola, Haji Musa Mohammed Nur, rispettato leader musulmano di oltre novanta anni, era stato arrestato insieme ad alcuni insegnanti della scuola nell’ambito di una serie di misure da parte delle autorità volte a prendere il controllo di un numero di scuole religiose, sia musulmane che ortodosse7. Secondo quanto riferito, le forze di sicurezza hanno usato proiettili veri per disperdere i manifestanti e lo stesso giorno è stato imposto il coprifuoco. Alcuni degli studenti sono stati arrestati8. In seguito a questa protesta, il governo ha aumentato la presenza di soldati all’esterno delle moschee di tutto il Paese.
Il fatto che il governo abbia portato avanti la stessa politica di stretto controllo sulle istituzioni religiose, continuando a limitare le loro attività, dimostra che negli ultimi anni ben poco è cambiato. Per quanto riguarda la libertà religiosa, nulla suggerisce che in Eritrea possano registrarsi cambiamenti positivi nel prossimo futuro.