Anno d’apparizione: 2018
Superficie: 1267000 km2 | Popolazione: 20715000 |
Religione | Percentuali |
---|---|
Musulmani | 95.70 % |
Gruppi etno-religiosi | 3.90 % |
Altri | 0.40 % |
La Costituzione della “Settima Repubblica”, datata 25 novembre 20101, garantisce la separazione dei poteri, il decentramento, un sistema multipartitico e diritti sia civili e che umani2. Secondo la Carta, la Repubblica del Niger è uno Stato laico. La legge prevede una netta separazione tra Stato e religione. Il rispetto per tutte le fedi è stabilito dall’articolo 8 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza di tutte le persone di fronte alla legge, indipendentemente dall’identità religiosa. L’articolo 9 recita: «[...] sono proibiti i partiti politici aventi carattere etnico, regionalista o religioso. Nessun partito può essere intenzionalmente creato allo scopo di promuovere un gruppo etnico, una regione o una religione»3. Le comunità religiose devono registrarsi presso le autorità.
Il Presidente del Paese, il Primo Ministro e il Presidente del Parlamento devono prestare un giuramento religioso quando si insediano. Il giuramento dipende dalla religione praticata dal leader. La conversione è consentita. Per motivi di sicurezza, sono tuttavia vietati gli eventi pubblici di grandi proporzioni intesi a fare proselitismo4.
I musulmani rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione nazionale. Vi sono anche piccole comunità religiose cristiane di denominazione cattolica e protestante. L’insegnamento della religione nelle scuole statali è proibito. Le scuole che sono finanziate da enti religiosi devono richiedere l’approvazione del Ministero dell’Interno e del Ministero della Pubblica istruzione5. Il Ministero degli Affari religiosi in Niger è responsabile del dialogo interreligioso.
Per quanto riguarda la minaccia rappresentata dal jihadismo islamista, la situazione in Niger si è stabilizzata durante il periodo in esame. Tuttavia, a causa della posizione centrale del Paese nell’Africa occidentale, delle sue dimensioni e della vicinanza ai centri dell’estremismo islamista della stessa regione, il Niger rimane in serio pericolo. Negli ultimi anni, le organizzazioni islamiste hanno trovato un ulteriore punto d’appoggio nel Paese6. Tali organizzazioni includono, ad esempio, gruppi wahhabiti ai quali i principi pluralistici sanciti nella Costituzione risultano completamente estranei. Questi gruppi temono che l’identità religiosa in Niger venga offuscata dal sistema laico e democratico statale. Secondo quanto riportato dai media, numerosi centri wahhabiti sono stati istituiti in Niger negli ultimi anni7.
La piccola comunità cattolica del Niger si concentra nell’arcidiocesi della capitale Niamey e nella diocesi di Maradi. La Chiesa gode di un’ottima reputazione per il suo impegno nel sociale e le sue opere caritative e gestisce inoltre numerose scuole8.
Le relazioni tra i musulmani e le altre comunità religiose nel Paese sono sempre state buone. Islamici e cristiani si rendono regolarmente visita in occasione delle principali celebrazioni religiose. Il Forum interreligioso di musulmani e cristiani è attivo in tutte le aree del Paese e promuove la cooperazione tra religioni e comunità religiose9. Copie della Bibbia tradotte in arabo e nelle principali lingue locali sono facilmente disponibili.
Secondo l’associazione Open Doors, vi sono tre diverse categorie di cristiani che vivono in Niger e che sono vittime della persecuzione religiosa10: i cristiani appartenenti a Chiese tradizionali, quelli che si sono convertiti dall’Islam e quelli che appartengono a Chiese libere protestanti. Per quanto subiscano persecuzione tutte e tre le categorie, a soffrire maggiormente sono i cristiani di origini musulmane. In molti casi, infatti, i convertiti dall’Islam vengono ripudiati dalle loro famiglie e perdono i loro diritti ereditari. Vi sono anche casi di rapimenti e matrimoni forzati.
Secondo le informazioni fornite da Open Doors, la persecuzione dei cristiani è aumentata in alcune aree del Paese, mentre è diminuita in altre11. Le condizioni dei cristiani sono lievemente migliorate nella capitale, Niamey, mentre stanno invece diventando sempre più difficili nelle aree con una forte influenza islamica, come Diffa e Tahoua. Qui la situazione sta peggiorando perché alcune zone sono cadute sotto il controllo di gruppi islamici militanti. In regioni come quella di Zinder i cristiani sono vittime di violenze anche da parte di normali cittadini, mentre a Maradi, Tahoua, Dosso, Niamey e Tillabery, un’iniziativa organizzata dal governo per promuovere una convivenza più pacifica tra musulmani e cristiani ha ridotto l’entità di tali aggressioni.
In un’intervista a Domradio, emittente di Colonia, l’arcivescovo Laurent Lompo ha riferito che la Chiesa cattolica in Niger ha avuto «serie difficoltà» in seguito alla pubblicazione delle vignette su Maometto di Charlie Hebdo, nel periodo antecedente al sanguinoso attacco subito il 7 gennaio 2015 dalla redazione della rivista satirica. Dopo l’attentato in Niger sono state date alle fiamme numerose chiese, che tuttavia oggi sono state ricostruite. Il Cristianesimo sta «avanzando passo dopo passo ed è ora a un livello stabile», ha affermato l’arcivescovo12.
Il 5 ottobre 2017 nel Paese è stato sferrato un attacco in cui sono stati uccisi quattro soldati statunitensi e cinque militari nigerini. L’organizzazione “Al-Qaeda nel Maghreb Islamico” è stata probabilmente responsabile del crimine13. L’attentato è avvenuto mentre un’unità di pattugliamento mista di soldati statunitensi e autoctoni si recava ad un incontro con alcuni comandanti nel sud-ovest del Niger, al confine con il Mali. I soldati sono stati attaccati da almeno 50 uomini armati che guidavano pick-up e motociclette. Padre Mauro Armanino, missionario italiano della Società delle Missioni Africane che opera in Niger da diversi anni, ha riferito che alcune regioni del Paese non sono stabili a causa della presenza di truppe straniere. Vari attacchi sono stati effettuati, ha riferito, in una regione situata a circa 120 km da Niamey. Questa regione lungo il confine con il Mali è instabile ormai da lungo tempo.
Un’altra area che non è stabile è quella vicina al Lago Ciad, dove sono attivi gli islamisti dell’organizzazione islamista-jihadista Boko Haram, nata in Nigeria. Anche la regione lungo il confine con la Libia, dove si verifica la tratta di esseri umani, è altamente instabile14.
Infine anche la regione vicina al confine con il Burkina Faso è sempre più insicura. Proprio in quest’area il 17 settembre 2018 è stato sequestrato un missionario della Società delle Missioni Africane, padre Pierluigi Maccalli. Il religioso italiano è stato prelevato dalla sua missione a Bomoanga, villaggio a 120 km a ovest della capitale Niamey. In una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre padre Mauro Armanino, confratello di padre Maccalli, ha riferito come alcune delle religiose che vivevano in una abitazione vicina alla missione di padre Maccalli, saccheggiata poco dopo il sequestro, abbiano sentito i rapitori parlare nella lingua tipica degli appartenenti all’etnia fulani del Mali. Il timore è che i sequestratori abbiano raggiunto il Mali dove hanno maggiori appoggi. «Quella che ha rapito Pierluigi è una piccola cellula - ha affermato padre Armanino - Ma se riuscissero ad arrivare in Mali la situazione si aggraverebbe per il nostro confratello. Lì infatti vi sono molti altri membri della comunità fulani che fornirebbero aiuti ai rapitori. Proprio in Mali è stata rapita nel febbraio 2017 la religiosa colombiana Gloria Cecilia Narvaez Argoti, che si trova tutt’oggi in cattività. E noi temiamo che anche il sequestro di padre Pierluigi possa protrarsi a lungo»15.
Nel giugno 2016, nella città di Bosso, sulle rive del Lago Ciad, a Nigrin, si sono verificati scontri tra soldati indigeni e jihadisti islamici provenienti dalla Nigeria, il Paese confinante a sud con il Niger. I combattenti di Boko Haram avevano conquistato la città all’inizio di giugno. Il 4 giugno, le forze del governo di Niamey hanno riconquistato la città, ma nei giorni successivi questa è stata nuovamente occupata dai combattenti di Boko Haram. La battaglia ha causato la morte di soldati provenienti dalla Nigeria e dal Niger. 50.000 abitanti della città - soprattutto bambini, donne e anziani - sono stati costretti a fuggire dalla città sotto il caldo soffocante e senza aiuti umanitari16.
Lo sviluppo economico del Paese ha un’influenza decisiva sul livello della sicurezza in Niger e quindi sul rispetto della libertà religiosa. Le organizzazioni e i gruppi jihadisti avranno un minore successo nel reclutare giovani in futuro, se verranno compiuti passi per combattere efficacemente la povertà e creare opportunità lavorative. Purtroppo però, come sostiene padre Mauro Armanino: «L’istruzione scolastica nazionale è in pessime condizioni. L’assistenza sanitaria e le finanze pubbliche sono disastrose e la vita politica è caratterizzata da scandali e corruzione. Tutto ciò nel contesto di un esteso stato di emergenza in varie parti del Paese a causa di attentati terroristici»17.
Le truppe occidentali di stanza in Niger sono diventate strategicamente importanti nel tentativo di combattere la migrazione verso l’Europa. Nel frattempo, alla luce della minaccia terroristica transnazionale nella regione del Sahel, Burkina Faso, Mali, Mauritania, Ciad e Niger stanno collaborando con l’esercito francese per combattere il jihadismo nell’ambito della “Operazione Barkhane”. Nel febbraio 2017, i Paesi del cosiddetto “G5 Sahel” hanno formato una forza antiterrorismo congiunta dell’Africa occidentale con il sostegno finanziario proveniente da Stati quali l’Arabia Saudita18. Il loro obiettivo è di combattere la minaccia terroristica transfrontaliera esistente nella regione del Sahel.
Nonostante l’influenza delle organizzazioni jihadiste, vi è una profonda consapevolezza all’interno della popolazione che si può ottenere di più lavorando insieme per la pace di quanto non si possa raggiungere con la guerra19. Come sottolineato da monsignor Djalwana Laurent Lompo, arcivescovo di Niamey: «Abbiamo buoni rapporti con i musulmani che sono moderati. Loro vengono nelle nostre chiese e noi facciamo loro visita. Non si può generalizzare e sostenere che l’Islam sia cattivo. Vi sono però alcune persone che non hanno capito nulla. Il dialogo ci aiuta a capirci, ci permette di abbattere le barriere. Quando cristiani e musulmani si incontrano, non dobbiamo lasciare che l’odio emerga; questo è il modo in cui insegniamo la convivenza nelle nostre scuole, dove ci incontriamo l’un l’altro in uno spirito di apertura»20.