Anno d’apparizione: 2018
Superficie: 923768 km2 | Popolazione: 186988000 |
Religione | Percentuali |
---|---|
Cristiani | 46.30 % |
Musulmani | 46.00 % |
Gruppi etno-religiosi | 7.40 % |
Altri | 0.30 % |
L’articolo 15 della Costituzione stabilisce che nessuno può essere discriminato in base alla propria religione. La Nigeria è una Repubblica federale democratica composta da 36 Stati e dal Territorio della Capitale Federale, dove si trova la capitale, Abuja. L’articolo 101 specifica che né la Federazione né i singoli Stati possono adottare una religione di Stato. L’articolo 38 della Costituzione2 garantisce anche le libertà di coscienza e di religione, che includono la libertà di praticare e diffondere una religione attraverso l’istruzione e il diritto alla conversione3. Lo stesso articolo stabilisce inoltre che a nessuno può essere richiesto, contro la sua volontà, di ricevere un’istruzione religiosa non corrispondente alla propria affiliazione religiosa4.
Per promuovere l’integrazione sociale nel Paese più popoloso dell’Africa, l’articolo 15 della Costituzione obbliga lo Stato a favorire i matrimoni interreligiosi, nonché club e associazioni aperti a membri di diverse religioni5. La Carta proibisce inoltre ai partiti politici di rendere l’appartenenza religiosa una condizione di appartenenza ad un partito politico6.
Mohammadu Buhari, ex generale dell’esercito, è presidente dal 29 maggio 20157. Buhari è un musulmano; il suo predecessore, Goodluck Jonathan, è un cristiano. L’attuale vicepresidente, Yemi Osinbajo, è membro di una comunità cristiana protestante, la Chiesa pentecostale redenta di Dio8. La composizione del governo riflette l’ampio spettro religioso della Nigeria ed è soggetto a modifiche ad ogni elezione presidenziale.
Come accade in altri Paesi dell’Africa, in Nigeria vi è un ampio divario tra i principi della Costituzione e la reale vita quotidiana. Da quando il governo del presidente Buhari è entrato in carica, ha affrontato gravi problemi, tra cui la corruzione e la povertà diffusa. Economicamente, il Paese dipende in gran parte dal petrolio e dal gas naturale. Durante il periodo di riferimento, la Nigeria ha dovuto fronteggiare numerose problematiche. Queste includono9:
• guerra e terrore seminati dalla milizia jihadista Boko Haram nel nord-est del Paese e nei vicini Camerun, Ciad e Niger (oltre 20.000 morti dal 2009, più di due milioni di rifugiati, milioni di persone che dipendono dagli aiuti umanitari, migliaia di donne e giovani rapiti, ridotti in schiavitù o reclutati con la forza per attacchi militari e terroristici) 10. Secondo i dati ufficiali, dal 2015 in poi l’esercito nigeriano, cooperando con le forze militari di alcune nazioni vicine, è riuscito a respingere Boko Haram. I militanti islamisti da allora si sono divisi in fazioni, ma al momento della stesura di questo Rapporto non sono stati ancora completamente sconfitti11.
• attacchi sanguinosi, per lo più perpetrati contro gli agricoltori cristiani da parte di pastori islamisti di etnia fulani (diverse migliaia di morti dal 2010). In questo conflitto che si svolge nella Middle Belt multietnica della Nigeria, la questione centrale è la terra, ma gli elementi etnici e religiosi sono strettamente collegati12.
• violenti conflitti religiosi in varie parti del Paese, nei quali il motivo religioso si sovrappone a contesti socio-politici (diverse migliaia di morti dal 2000)13.
• tensioni latenti e persistenti nel Delta del Niger, ricco di risorse, dove sono in atto scontri e rivolte contro le autorità centrali (dal 2006 e di nuovo in aumento nel 2016)14.
Nel complesso, l’affiliazione religiosa svolge un ruolo importante nel sistema politico della Nigeria. Di conseguenza, il sistema partitico è un riflesso della composizione etnico-regionale e religiosa del Paese15. Le ambizioni e le sensibilità di individui e gruppi sono spesso di maggiore importanza rispetto ai programmi di partito. Ad aggravare questa situazione è il gran numero di partiti, che rende il sistema macchinoso. Vi sono attualmente quasi 150 formazioni che si presenteranno alle elezioni in programma per il febbraio 2019. Di queste, 67 sono state riconosciute ufficialmente dal gennaio 201816.
Poiché la religione è stata a lungo una fonte di conflitto in Nigeria, non vi sono dati ufficiali relativi all’appartenenza religiosa17. Sia i cristiani che i musulmani sostengono di costituire la maggioranza del Paese18.
L’articolo 275 della Costituzione nigeriana consente a ciascuno Stato di istituire una corte d’appello della shari’a19. L’articolo 277 stabilisce che le corti d’appello islamiche hanno giurisdizione solo in materia di matrimoni e di diritto di famiglia, e soltanto se tutte le parti in causa sono di fede musulmana20.
In uno sviluppo controverso, a partire dal 2000la legge coranica, la shari’a, è stata introdotta in riferimento ai casi di diritto penale in 12 Stati nel nord della Nigeria21. L’autorità delle corti shariatiche in materia penale varia da Stato a Stato22. In quello di Zamfara, nella parte nord-occidentale della Nigeria, i casi penali vengono decisi dalle corti shariatiche quando tutte le parti in causa sono musulmane23. Una corte shariatica può emettere sentenze e imporre sanzioni e punizioni in base alla legge penale islamica. Le pene comprendono fustigazione, amputazione e lapidazione24.
La compatibilità della legge della shari’a con la Costituzione federale della Nigeria rimane tuttora una questione controversa, specialmente in materia di diritto penale25. Senza dubbio, l’introduzione della legge islamica nei casi penali ha accentuato le tensioni tra cristiani e musulmani in molte parti del Paese.
A seguito di numerosi attacchi da parte di gruppi islamisti o jihadisti, nel periodo di riferimento la situazione della libertà religiosa si è aggravata in alcune aree del Paese, specialmente nella Nigeria centrale26. Tale peggioramento è stato essenzialmente causato da tre fattori:
1. il terrore perpetrato dall’organizzazione jihadista islamica Boko Haram,
2. gli scontri tra i pastori nomadi islamici e gli agricoltori (Nigeria centrale),
3. il fallimento da parte delle autorità che non hanno saputo indagare sulle violazioni della libertà religiosa come invece stabilito nella Costituzione del Paese.
Gli autori di queste violenze e intimidazioni non appartengono soltanto alla milizia terrorista jihadista Boko Haram, come spesso si crede nei Paesi occidentali. Sebbene Boko Haram continui a compiere attacchi sanguinosi nel nord-est nigeriano, sequestrando ragazze e ragazzi e alimentando la tratta di esseri umani, anche le aree centrali e più meridionali della Middle Belt nigeriana sono state destabilizzate in seguito ad attacchi perpetrati da altri gruppi.
All’alba del 24 aprile 2018, vi è stato un sanguinoso attacco nella chiesa cattolica nel villaggio di Aya-Mbalom, nello Stato centrale di Benue27. Le violenze si sono verificate all’inizio della messa mattutina delle 5.30, mentre molti parrocchiani si stavano radunando per la funzione. Uomini armati sono entrati nel luogo di culto ed hanno sparato diversi colpi. La gente, presa dal panico ha cercato di scappare ma diciannove persone, inclusi i due celebranti, padre Joseph Gor e padre Felix Tyolaha, sono state assassinate. Molti altri fedeli sono rimasti feriti28.
In base al racconto dei sopravvissuti, i pastori fulani, da giorni avevano lasciato pascolare il loro bestiame nei pressi di Aya-Mbalom prima di prendere d’assalto il villaggio e la chiesa, armati di armi da fuoco e machete29. In seguito all’attacco alla chiesa, il gruppo armato ha anche colpito più di 60 case e fienili30. I residenti sono fuggiti nei villaggi vicini. «Confermiamo la morte di padre Joseph Gor e di padre Felix Tyolaha nell’attacco mortale ad opera di pastori / jihadisti, avvenuto nella parrocchia di Sant’Ignazio Ukpor-Mbalom del villaggio di Mbalom», vi era scritto in una dichiarazione dell’ufficio stampa della diocesi di Makurdi31. L’ufficiale per le comunicazioni sociali della diocesi, padre Mose Iorapuu, ha dichiarato che delle violenze erano state commesse anche in altri villaggi nello Stato di Benue, ma «sembra che la polizia non ne sapesse nulla»32.
In un’intervista rilasciata ad Aiuto alla Chiesa che Soffre dopo la strage avvenuta nella sua diocesi, monsignor Wilfred Chikpa Anagbe, ha spiegato come le violenze dei fulani non siano mosse esclusivamente da motivazioni di carattere etnico o dal tentativo dei pastori di impossessarsi della terra dei contadini. «Vi è una chiara agenda, un piano per islamizzare tutte le aree a maggioranza cristiana della Middle Belt nigeriana. Dall’inizio di gennaio [2018] 11 parrocchie della mia diocesi sono state colpite e vi sono stati numerosi attacchi in tutto lo Stato di Benue, i cui abitanti sono in maggioranza cristiani»33.
Infatti, la stampa nigeriana ha riferito che, anche il 24 aprile, almeno 35 persone sono state uccise nel villaggio di Tse Umenger a Mbadwem Council Ward, sempre nello stato di Benue34. Secondo testimoni locali, la strage è stata commessa da almeno 50 pastori nomadi armati che avevano invaso il villaggio intorno alle 7 del mattino.
I massacri avvenuti in vari villaggi dello stato di Benue hanno esacerbato le tensioni nella capitale dello Stato, Makurdi, dove diversi adolescenti hanno incendiato pneumatici delle auto durante le proteste35.
Padre Iorapuu ha criticato le forze di sicurezza. «Nonostante vi fossero già stati attacchi simili in altri villaggi della regione, gli agenti erano assolutamente impreparati», ha dichiarato al portale di notizie Daily Trust 36. Il sacerdote ha messo in guardia contro i crescenti conflitti nello Stato di Benue in seguito al continuo afflusso di rifugiati in fuga dai conflitti armati nelle aree settentrionali del Paese37.
In merito al fenomeno dilagante delle violenze dei pastori fulani, alcuni vescovi hanno invocato anche un sostegno dalla comunità internazionale. Monsignor William Amove Avenya, vescovo di Gboko sempre nello Stato di Benue, in una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre ha così dichiarato: «Non commettete lo stesso errore che è stato fatto con il genocidio in Ruanda. Era sotto gli occhi di tutti, ma nessuno lo ha fermato. E sappiamo bene come è andata a finire»38.
Nell’aprile 2018, lo Stato di Nasarawa, a nord di quello di Benue, è stato anche teatro di molteplici attacchi sanguinosi da parte dei pastori fulani ai danni di contadini locali, di etnia tiv. Secondo il quotidiano Daily Post, almeno 39 persone sono state uccise e 15 case distrutte39. Una simile stima è coerente con le informazioni fornite dopo gli attacchi dai project partner di Aiuto alla Chiesa che Soffre risiedenti nello Stato di Nasarawa. Anche i comuni di Awe, Obi, Keana e Doma nel distretto senatoriale meridionale di Nasarawa sono stati colpiti40.
Dopo i massacri, i vescovi cattolici della Nigeria hanno chiesto le dimissioni del presidente Buhari41. «È tempo che il presidente scelga la via dell’onore e consideri la possibilità di farsi da parte per salvare la nazione dal completo collasso», hanno detto i presuli. L’episcopato ha espresso tutto il proprio sconcerto: «Queste anime innocenti hanno incontrato la loro morte prematura per mano di una banda malvagia e disumana di terroristi scatenati e assassini che hanno trasformato le vaste terre della Middle Belt e altre parti della Nigeria in un immenso cimitero»42.
I vescovi hanno scritto: «[Padre] Joseph Gor aveva twittato: “Viviamo nella paura che i Fulani tornino nell’area di Mbalom. Si rifiutano di andarsene. Continuano a pascolare il loro bestiame. Non abbiamo alcun mezzo per difenderci” [...] Le loro richieste disperate di aiuto non sono state ascoltate da coloro che avrebbero dovuto farlo». «Avrebbero potuto fuggire», hanno continuato i presuli riferendosi ai due sacerdoti, «ma fedeli alla loro vocazione sono rimasti per continuare a servire il loro popolo fino alla morte»43.
L’episcopato ha accusato il governo e le forze di sicurezza federali di aver fallito. «Come può il governo federale restare immobile mentre le sue agenzie di sicurezza chiudono deliberatamente gli occhi e le orecchie alle grida di cittadini inermi e disarmati?», si chiede l’episcopato. «Per oltre due anni la Conferenza episcopale cattolica insieme a molti altri nigeriani di buona volontà ha costantemente chiesto al Presidente di ripensare l’apparato e la strategia preposti alla sicurezza». L’8 febbraio, una delegazione di vescovi ha fatto visita al presidente Buhari per richiamare la sua attenzione sulla precaria situazione della sicurezza. «Da allora – sottolinea la Conferenza episcopale - lo spargimento di sangue e la distruzione delle case ... sono aumentati in intensità e brutalità. [...] Oggi, noi cristiani ci sentiamo violati e traditi in una nazione in cui tutti abbiamo continuato a servire e a pregare». «Se il Presidente non può tenere al sicuro il nostro Paese, allora perde automaticamente la fiducia dei cittadini», hanno ammonito in conclusione44.
Durante il periodo di riferimento, nel nord-est della Nigeria e nei Paesi limitrofi, la milizia jihadista Boko Haram ha rappresentato una minaccia particolarmente grave per la sicurezza non soltanto dei cristiani ma anche di molti cittadini musulmani. Dal 2009, Boko Haram ha ucciso più di 20.000 persone e circa 2,6 milioni di nigeriani sono stati costretti a fuggire dalle loro case a causa delle violenze del gruppo islamista45. A ciò si aggiungono migliaia di bambini che sono stati rapiti dall’organizzazione e addestrati come combattenti. Il numero preciso degli appartenenti a Boko Haram è difficile da determinare, ma si stima che siano almeno diverse migliaia46.
Il presidente Buhari ha più volte dichiarato che la lotta contro Boko Haram era al centro della sua presidenza. In alcune regioni sembra infatti che si sia riusciti quantomeno ad indebolire l’organizzazione. Tuttavia, non vi sono ragioni per credere che l’esercito nigeriano abbia sconfitto Boko Haram, come il presidente Buhari ha ripetutamente annunciato durante il periodo analizzato da questo Rapporto. Sembrerebbe essere vero invece l’opposto. La BBC, ad esempio, ha riportato 150 attacchi nel 2017, ovvero 23 in più rispetto al 201647.
Le prospettive per la libertà religiosa in Nigeria dipendono da tre aspetti fondamentali.
In primo luogo, dalla capacità del governo nazionale di garantire la sicurezza nelle aree della Nigeria centrale e nord-orientale colpite dalla crisi. Ad oggi, il presidente Buhari non ha impiegato abbastanza risorse per fermare le atrocità e perseguire i responsabili. Il mancato ripristino della stabilità potrebbe portare a ulteriori carestie e migrazioni interne.
In secondo luogo, occorrono urgentemente investimenti contro la povertà e la disoccupazione giovanile, dal momento che è spesso la povertà a spingere i nigeriani, e soprattutto i giovani, nelle mani dei fondamentalisti.
In terzo luogo, il governo deve garantire la libertà religiosa sancita dalla legge.
Il pericolo di una spaccatura interna della Nigeria non può essere escluso, soprattutto data l’immensa diversità etnica e culturale del Paese.