Anno d’apparizione: 2018
Superficie: 72300 km2 | Popolazione: 6592000 |
Religione | Percentuali |
---|---|
Cristiani | 12.40 % |
Musulmani | 65.30 % |
Gruppi etno-religiosi | 20.60 % |
Agnostici | 1.50 % |
Altri | 0.20 % |
I singaporiani continuano a godere di un alto grado di libertà religiosa. La legge locale garantisce questo diritto fondamentale e le istituzioni politiche applicano le norme vigenti in materia: la libertà religiosa - intesa come libertà di professare, praticare e diffondere le credenze religiose - è pienamente tutelata a patto che le attività religiose non contravvengano alle leggi relative all’ordine pubblico, alla salute o alla moralità.
La Costituzione di Singapore del 1963 stabilisce il principio della libertà religiosa. L’articolo 15 lo definisce come il diritto di tutti «di professare, praticare e diffondere la propria religione»1. Ogni «gruppo religioso» ha il diritto «di gestire i propri affari religiosi, di istituire e mantenere istituzioni per scopi religiosi o caritatevoli, acquisire e possedere proprietà, mantenerle e amministrarle secondo la legge».
Un altro concetto chiave espresso nella Costituzione è il mantenimento dell’armonia religiosa in tutto il territorio nazionale. Inclusa nella legge fondamentale del Paese tramite un emendamento costituzionale, l’armonia religiosa viene attuata principalmente attraverso una legge approvata nel 1990. Questa norma autorizza il Ministero dell’Interno ad emettere ordini restrittivi nei confronti di quanti, all’interno di un gruppo religioso, istigano all’ostilità verso i membri di un altro gruppo religioso, oppure promuovono cause politiche, svolgono attività sovversive o incoraggiano altri a farlo con il pretesto di praticare una religione.
Gli ordini restrittivi sono discrezionali, ma se vengono violati si può incorrere in azioni legali. Tali ordini devono essere presentati al presidente del Consiglio per l’armonia religiosa, un ente statale con il potere di confermare, cancellare o emendare questo tipo di provvedimenti, che hanno teoricamente una durata di 90 giorni, ma possono essere prorogati a discrezione dal presidente del Consiglio per l’armonia religiosa.
Il codice penale2 vieta «di ferire i sentimenti religiosi o razziali di qualsiasi persona», così come di promuovere consapevolmente «sentimenti di ostilità, odio o cattiva volontà tra i diversi gruppi religiosi o razziali». Le sanzioni comprendono multe e pene detentive.
Qualsiasi gruppo religioso che conta più di 10 persone deve informare il governo della sua esistenza, specialmente se desidera ottenere lo status giuridico ufficiale. I musulmani costituiscono un caso speciale; il Consiglio religioso islamico di Singapore (Majlis Ugama Islam Singapura), istituito dal Ministero della Cultura, gestisce tutti gli affari islamici nella città-stato, compresa la costruzione e l’amministrazione delle moschee, la certificazione halal, le fatwa e i pellegrinaggi alla Mecca.
Nonostante il generale rispetto della libertà religiosa all’interno del quadro giuridico e politico, le aspirazioni di alcuni singaporiani si scontrano con la volontà delle autorità di mantenere uno stretto controllo sulla società civile. La “legge sul mantenimento dell’armonia religiosa” del 1990 è stata utilizzata contro iniziative ritenute suscettibili di causare divisioni e discordia tra le comunità religiose, una lodevole preoccupazione in una società altamente multiculturale e multi-religiosa3. Tuttavia, i problemi sorgono quando le autorità usano questa legge per soffocare qualsiasi espressione politica che ritengano deviante.
Tra i gruppi che le autorità singaporiane sorvegliano in particolar modo vi sono certamente i testimoni di Geova. Presenti a Singapore sin dagli anni Quaranta e registrati legalmente come comunità religiosa nel 1962, il riconoscimento giuridico dei testimoni di Geova è stato revocato nel 1972 perché rifiutano di prestare servizio militare (divenuto obbligatorio a Singapore nel 1967). Nel 1996, tuttavia, una sentenza ha ripristinato il diritto dei testimoni di Geova di professare, praticare e diffondere le loro convinzioni, ma soltanto come individui e non come comunità. Da allora, il governo non ha impedito riunioni private dei testimoni di Geova ma continua a vietare tutti gli incontri pubblici e a imprigionare i membri del gruppo che si rifiutano di prestare servizio militare (al momento della stesura 16 testimoni di Geova sono in carcere per essersi rifiutati di ottemperare a questo dovere). I testimoni di Geova, che rifiutano la leva, sono condannati a due anni di carcere, e in seguito a ulteriori due anni di detenzione se persistono nel loro rifiuto. Trascorsi questi quattro anni, vengono rilasciati dal momento che il governo ritiene che il tempo trascorso in carcere corrisponda grossomodo al periodo di leva4. Le autorità sono consapevoli della gravità di questo approccio, ma non vogliono creare precedenti.
Il 13 settembre 2017, Halimah Yacob è diventata la prima donna presidente della giovane Repubblica di Singapore5. Sessantatreenne madre di cinque figli e presidente del Parlamento dal 2013, la Yacob è stata l’unica candidata a soddisfare i criteri di ammissibilità ed è stata quindi eletta Presidente della Repubblica. L’ufficio del presidente è essenzialmente cerimoniale dal momento che il potere reale è conferito all’ufficio del Primo Ministro.
Sebbene le qualità personali del nuovo presidente non siano state messe in discussione, la sua nomina ha ravvivato alcuni dibattiti a Singapore, vale a dire il ruolo occupato dalla varietà di comunità etniche e religiose all’interno della società. «... Se i nostri leader credono davvero nella diversità, perché nessuno ha sostenuto la candidatura a Primo Ministro di un appartenente ad una minoranza?», si è chiesta Jeraldine Tan, una giovane blogger6. All’origine della domanda vi è il probabile successore del Primo Ministro Lee Hsien Loong, il quale ha recentemente annunciato il proprio ritiro. Le indicazioni suggeriscono che il vice primo ministro Tharman Shanmugaratnam sia il politico di Singapore con il miglior posizionamento per accedere alla carica, ma il fatto che sia indiano potrebbe impedirgli di ottenere il ruolo di Premier. Infatti, in un’intervista concessa alla BBC nel marzo 2017, Lee Hsien Loong ha spiegato: «Penso che le considerazioni etniche non siano mai assenti quando gli elettori votano [. . .]. A Singapore, la situazione è migliorata in tal senso, ma la razza e la religione contano»7.
Durante un sermone, tenuto in una delle moschee di Singapore nel periodo in esame, un religioso musulmano ha affermato: «Dio ci aiuti contro ebrei e cristiani». Pubblicato su Facebook nel febbraio 2017, il video dell’imam è diventato virale nei social media. Di conseguenza, il governo ha citato l’uomo in tribunale. Sebbene il chierico si sia scusato con i leader religiosi cristiani, sikh, taoisti, buddisti e anche musulmani, è stato comunque multato per 4.000 dollari di Singapore (2.700 euro o 3.000 dollari statunitensi) ed è stato deportato nella natia India8.
Amos Yee, un adolescente di una famiglia cattolica, ha pubblicato un video su YouTube in cui criticava sia Lee Kuan Yew, il primo Premier di Singapore, che Gesù Cristo. In seguito ha postato un altro video in cui attaccava i musulmani. Incarcerato nel 2015 per 53 giorni per «aver ferito i sentimenti religiosi di cristiani e musulmani», ha chiesto - e ottenuto nel marzo 2017 - asilo politico negli Stati Uniti9.
Anche se i singaporiani continuano a godere di un alto grado di libertà religiosa, lo Stato dovrà prendere in considerazione le aspirazioni di coloro che desiderano una libertà meno soggetta a supervisioni e controllo da parte delle autorità pubbliche. Questo sarà certamente uno dei problemi che dovranno essere affrontati dal successore dell’attuale Primo Ministro Lee Hsien Loong, figlio di Lee Kuan Yew.