Anno d’apparizione: 2018
Superficie: 921050 km2 | Popolazione: 31519000 |
Religione | Percentuali |
---|---|
Cristiani | 92.50 % |
Animisti | 1.10 % |
Agnostici | 4.40 % |
Altri | 2.00 % |
Il preambolo della Costituzione1 invoca la protezione di Dio per l’istituzione di una società democratica che sostiene tutti i diritti, inclusa la libertà di non discriminazione. L’articolo 59 della Costituzione dichiara che «lo Stato garantisce le libertà di culto e religione». Lo stesso afferma che ognuno ha il «diritto di professare la propria fede religiosa o il proprio credo e di manifestare le proprie convinzioni, in privato o in pubblico, attraverso l’insegnamento o altre pratiche, purché non contrarie alla moralità, ai buoni costumi e all’ordine pubblico». Sono garantite anche l’indipendenza e l’autonomia delle Chiese e delle confessioni religiose. I genitori hanno il diritto di educare i figli secondo le proprie convinzioni.
L’articolo 61 sostiene la libertà di coscienza e di espressione. Detto questo, afferma che l’obiezione di coscienza non può essere invocata per evitare il rispetto della legge.
Tutte le forme di discriminazione religiosamente motivate sul lavoro sono proibite ai sensi dell’articolo 89.
Ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione, lo Stato riconosce i diritti delle popolazioni indigene, incluso quello alla libertà religiosa. Secondo l’articolo 121, gli indigeni hanno anche il diritto di mantenere e sviluppare i loro costumi e valori, la loro spiritualità e luoghi di culto. Questi diritti sono altresì confermati altrove nella Costituzione e da altre leggi del Paese2.
La Costituzione, nell’articolo 97, riconosce anche la spiritualità e il credo delle comunità indigene come componenti fondamentali della loro visione del mondo. L’imposizione di credenze religiose ai popoli indigeni non è consentita, né si possono negare le loro pratiche e credenze, in base all’articolo 98. Secondo l’articolo 100, l’educazione religiosa dei bambini e degli adolescenti indigeni è responsabilità dei loro genitori, parenti e membri del loro popolo. L’articolo 107 tutela gli indigeni dal fanatismo politico e religioso.
Altre leggi3 riconoscono il diritto dei bambini e degli adolescenti alle libertà di pensiero, coscienza e religione. I loro genitori o tutori hanno il diritto e il dovere di guidarli nell’esercizio di questo diritto. I minori hanno diritto alla propria vita culturale, a professare e a praticare la propria religione o credo e ad usare la propria lingua, specialmente coloro i quali appartengono a minoranze etniche, religiose o indigene. In ambito educativo4, lo Stato si dichiara laico, preservando la propria indipendenza rispetto a tutte le religioni. I genitori hanno il diritto di scegliere l’educazione religiosa dei propri figli.
In conformità con la riforma fiscale del 20145, sono state eliminate le esenzioni fiscali per le istituzioni dedicate alle attività religiose, artistiche e scientifiche. Tali esenzioni sono ora limitate alle organizzazioni di beneficenza e di assistenza sociale. Il codice penale6 punisce i tipi di condotta che minacciano la libertà di culto. L’articolo 168 riguarda la punizione di persone che tentano di prevenire o disturbare funzioni o cerimonie religiose oppure danneggiano intenzionalmente oggetti adibiti al culto. Le Chiese sono anche riconosciute come entità giuridiche7. In base ad un accordo con la Santa Sede, firmato nel 1964, la Chiesa cattolica è riconosciuta come entità giuridica pubblica e internazionale8. Nel 1994, un altro accordo è stato firmato con la Santa Sede in merito alla fornitura di assistenza spirituale nelle Forze Armate9.
Nel luglio 2016, la Conferenza episcopale del Venezuela ha dichiarato che il Paese era sull’orlo di una crisi a causa della mancanza di cibo, di medicine e di beni di prima necessità. I vescovi hanno dichiarato che lo stato di diritto era stato indebolito e che la democrazia era fallita. L’episcopato ha altresì invitato il governo a consentire l’accesso di medicine nel Paese, offrendo le strutture della Chiesa come punti di raccolta e distribuzione10.
Nel dicembre 2016, l’allora presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, monsignor Diego Rafael Padrón Sánchez, ha criticato la politica economica del presidente Nicolás Maduro. Notando come i poveri e gli emarginati fossero i più svantaggiati, il presule ha chiesto solidarietà e proteste pacifiche11. L’Università cattolica Andrés Bello ha affermato nell’aprile 2017 che non poteva rimanere in silenzio di fronte alla violazione dei diritti umani, invitando il governo a porre fine alla repressione delle manifestazioni pacifiche12.
Nel maggio 2017, la Conferenza episcopale ha respinto la proposta di Maduro di istituire un’Assemblea nazionale costituente, ritenendola non necessaria e pericolosa per la democrazia. I vescovi hanno invece chiesto soluzioni non violente. I leader religiosi sono stati quindi invitati a prendere parte all’assemblea, una proposta accettata da alcuni leader della Chiesa e rifiutata da altri. La Confederazione delle associazioni ebraiche del Venezuela ha dichiarato di avere una posizione apolitica e ha chiesto che qualsiasi iniziativa fosse presa in conformità con la legge, l’etica e la morale13.
Nell’agosto 2016, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha risposto a una richiesta avanzata dall’Unione delle nazioni sudamericane - che include Argentina, Perù, Guyana, Suriname, Cile, Venezuela, Ecuador e Bolivia – in cui si chiedeva un intervento di Papa Francesco al fine di facilitare il dialogo tra governo e opposizione. Jesús Torrealba, segretario generale della Mesa de la Unidad Democrática, un’alleanza contraria al governo, ha dichiarato di essere lieto di un eventuale ruolo mediatore del Pontefice. L’inviato speciale del Vaticano in Venezuela, monsignor Claudio Maria Celli, ha incontrato il presidente Maduro nel novembre 2016, sottolineando che la crisi poteva essere risolta soltanto attraverso il dialogo14. Nel giugno seguente, attraverso la Nunziatura Apostolica, il governo del presidente Maduro ha chiesto la mediazione di Papa Francesco15.
Durante il periodo in esame, vi sono stati numerosi atti di vandalismo e attacchi, le cui motivazioni non sono tuttavia del tutto chiare. Nel giugno 2016, il parroco di Guarenas è stato ferito durante un’irruzione nella sua chiesa, nel corso della quale alcuni oggetti sacri sono stati profanati e altri rubati16. Nel gennaio 2018, la Chiesa della Sagrada Familia è stata derubata e all’interno del luogo di culto sono stati compiuti atti di profanazione. Gli aggressori hanno forzato l’apertura del tabernacolo contenente il Santissimo Sacramento e hanno rubato articoli preziosi utilizzati nelle funzioni quotidiane17. Secondo un rapporto dei media, l’attacco potrebbe essere stato effettuato da cosiddetti santeros o spiritisti, che usano questi oggetti nelle loro cerimonie. Nei giorni che precedono la Settimana Santa del 2018, una campana di 500 chili è stata rubata da una chiesa nella città di Cumaná18.
A luglio 2016, cinque studenti del Seminario Cattolico di Mérida sono stati picchiati e privati dei loro vestiti e averi mentre si trovavano vicino al luogo di una manifestazione. L’arcivescovo Baltazar Porras di Mérida ha denunciato l’attacco, criticando i gruppi filogovernativi19. Il 7 agosto del 2017, all’alba, membri della sicurezza di Stato hanno fatto irruzione nella residenza studentesca di Cristo Rey gestita dalla comunità religiosa delle Figlie di Cristo Re20.
Nel novembre 2017, un gruppo di persone è entrato nella Basilica di Nostra Signora della Consolazione, a Táriba, e ha impedito lo svolgimento della messa. Successivamente l’altare maggiore è stato usato dagli intrusi per contare i voti delle elezioni primarie che si erano tenute il giorno precedente21.
Nel settembre 2017, il presidente Maduro ha accusato alcuni vescovi cattolici di essere complici delle violenze. Durante la sua regolare trasmissione domenicale, il presidente ha infatti affermato: «i violenti hanno agito con la benedizione di alcuni vescovi che non proteggono la gente, che non camminano come Cristo per le strade, che non soffrono, che non sono solidali con il popolo, ma fanno invece parte di una cospirazione permanente e indossano la veste per tramare e danneggiare il Paese»22.
Nel gennaio 2018, il presidente ha inoltre accusato i leader cattolici di boicottare la canonizzazione di José Gregorio Hernández, noto come «il santo dei poveri»23. Quello stesso mese, un gruppo di persone in rappresentanza della società civile, ha protestato pacificamente a Barquisimeto, respingendo le accuse del governo contro i rappresentanti della Chiesa cattolica24. Il presidente Maduro ha incolpato due vescovi di “crimini d’odio”, chiedendo alla Corte Suprema di giustizia di aprire un’inchiesta contro i prelati25.
Nel febbraio 2017, i rappresentanti della Confederazione delle associazioni ebraiche del Venezuela hanno incontrato il presidente Maduro, per informarlo dell’aumento del sentimento antisemita nel Paese. Gli esponenti della confederazione hanno altresì messo in evidenza i commenti denigratori su Israele diffusi tramite i media vicini al partito di governo e hanno insistito sulla necessità di ristabilire le relazioni con lo Stato di Israele26.
Nel settembre del 2017, i vescovi venezuelani hanno incontrato Papa Francesco durante la sua visita in Colombia, informando il Pontefice del peggioramento della crisi e delle minacce ricevute da sacerdoti e suore27. I cristiani di diverse tradizioni hanno portato avanti il dialogo. Varie iniziative hanno avuto luogo nell’ottobre 2017 in occasione del 500° anniversario della Riforma protestante28.
Nel novembre del 2017 è stata data notizia che le carceri avevano ricevuto ordine «dall’alto» di impedire le visite del clero ai detenuti29.
Nello stesso mese, un servizio giornalistico evidenziava la rinnovata emigrazione degli ebrei venezuelani. Secondo quanto riferito, più della metà della comunità ebraica è emigrata a causa dell’attuale crisi finanziaria venezuelana. L’esodo è aumentato in risposta all’antisemitismo diffuso perfino tra i rappresentanti del governo e delle agenzie statali, compresi i funzionari che lavorano nell’Ufficio dell’amministrazione fiscale30. David Bittan, avvocato ed ex presidente della Confederazione delle associazioni israelite del Venezuela, ha dichiarato: «Non esiste alcun censimento e sarebbe irresponsabile fornire una cifra, ma la percezione è che negli ultimi 10 o 12 anni sia emigrato più del 50 percento della nostra comunità». Abraham Levy, anch’egli ex presidente della Confederazione, ha dichiarato: «La decisione di emigrare è sempre personale e potrebbe verificarsi nella stessa proporzione anche tra i non ebrei, che sono colpiti dall’insicurezza, dalle preoccupazioni per i loro figli, dall’instabilità politica e dall’inflazione. Tuttavia, non vi è alcun motivo per cui siano state interrotte le relazioni con Israele e questo è un elemento di grande preoccupazione». L’articolo sopracitato fa anche riferimento alle azioni del presidente quando questi era ministro degli Esteri nel gennaio 2009. A quel tempo, Maduro espulse l’ambasciatore israeliano in Venezuela e lo dichiarò persona non grata.
Nel marzo 2018, padre José Palmar è divenuto il terzo sacerdote di origine venezuelana ad essere esiliato. Gli altri ecclesiastici costretti a lasciare il Paese sono Pedro Freites, esiliato nell’aprile 2017, e Alexander Hernández, nel gennaio 201831.
Diverse organizzazioni religiose hanno criticato gli ufficiali governativi perché non hanno approvato i loro statuti in tempi brevi. Alcuni gruppi religiosi hanno ricevuto un trattamento preferenziale a causa del loro sostegno alle politiche governative32.
Nel marzo 2018, Sam Brownback, l’ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale, ha messo in evidenza le difficoltà affrontate dai vescovi cattolici del Venezuela che sono stati duramente criticati dal presidente Maduro per aver parlato della crisi in atto del Paese33.
Nonostante abbia la più grande riserva di petrolio al mondo, il Venezuela è impantanato in una profonda crisi politica, sociale ed economica, che ha comportato una grave carenza di cibo e medicine e l’aumento della criminalità che ha raggiunto livelli record. La Chiesa cattolica ha continuato insistentemente a denunciare la situazione, chiedendo la fine della repressione e delle violenze da parte del governo. Ciò ha portato a uno scontro continuo con le autorità che hanno risposto accusando alcuni vescovi di essere coinvolti in cospirazioni contro lo Stato. Alcuni presuli sono stati perfino indagati dal governo. I sacerdoti sono stati minacciati, aggrediti e ostacolati nello svolgimento del loro servizio pastorale, ad esempio non potendo visitare in carcere i detenuti. Altri sono stati costretti all’esilio. Ritardi e ostacoli burocratici sono stati inoltre segnalati in relazione alla registrazione di entità religiose non in linea con il governo.
Il governo è stato altresì accusato di antisemitismo. Inoltre, alla luce delle profanazioni dei luoghi di culto, vi è la percezione di una minore tolleranza e un minor rispetto per la religione. Vi sono rapporti che indicano come un gran numero di ebrei abbia lasciato il Paese a causa dell’intolleranza crescente subita dalla propria comunità.
Rispetto al periodo precedente, la situazione della libertà religiosa in Venezuela è apparentemente peggiorata e le prospettive per i prossimi anni sono negative.