Anno d’apparizione: 2018
Superficie: 7692060 km2 | Popolazione: 24309000 |
Religione | Percentuali |
---|---|
Cristiani | 65.60 % |
Musulmani | 2.40 % |
Buddisti | 2.50 % |
Indù | 1.20 % |
Atei | 2.10 % |
Agnostici | 23.70 % |
Altri | 2.50 % |
La Costituzione australiana proibisce al governo di emanare «qualsiasi legge per istituire una religione, per imporre un’osservanza religiosa, o per proibire il libero esercizio di qualsiasi religione». Inoltre «nessuna prova di carattere religioso deve essere richiesta come qualificazione per qualsiasi ufficio pubblico»1.
L’Australia è parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici che garantisce libertà di pensiero, coscienza e religione. Il diritto alla libertà religiosa può essere limitato in determinate circostanze, ad esempio quando è necessario al fine di proteggere la sicurezza pubblica, l’ordine e la salute, oppure i diritti e le libertà fondamentali degli altri2. Lo Stato della Tasmania è l’unico Stato o territorio la cui Costituzione garantisce espressamente, fatte salve l’ordine pubblico e la moralità, «la libertà di coscienza assieme alla libera professione e alla pratica della religione»3.
La discriminazione basata sulla religione o su base etno-religiosa è esplicitamente proibita dalla legge in tutti gli otto Stati e territori, ad eccezione del Sud Australia. Gli altri sette hanno agenzie per indagare sulle denunce di discriminazione religiosa4.
Nell’agosto 2016 l’Assemblea legislativa del Territorio della Capitale Australiana, l’organo rappresentativo della capitale federale Canberra e dei suoi dintorni, ha approvato una “legge sulla diffamazione illecita” riguardante l’odio religioso. La legge persegue l’incitamento all’odio, alla ribellione, al disprezzo o alla grave ridicolizzazione di una persona o di un gruppo di persone in base alle sue/loro «convinzioni religiose»5.
I gruppi religiosi non sono tenuti a registrarsi presso il governo, ma per ricevere lo status di esenzione fiscale, sono tenuti a rivolgersi all’ufficio fiscale dell’Australia6.
Tutti gli Stati e i territori forniscono una qualche forma di educazione religiosa nelle scuole pubbliche, con alcuni Stati che gestiscono sistemi “opt-in” e altri invece sistemi “opt-out”, ovvero di frequentare corsi facoltativi oppure di essere esonerati da quelli obbligatori. Nel 2016, Victoria ha istituito un nuovo programma “opt-in” per la scuola pubblica che ha rimosso l’educazione religiosa ma consente agli studenti di frequentare corsi di religione nei locali della scuola «per un massimo di 30 minuti a settimana, durante l’ora di pranzo oppure nell’ora precedente o successiva alle lezioni»7.
L’One Nation Party si è aggiudicato quattro seggi al Senato nelle elezioni federali del luglio 20168. Il programma del partito prevedeva l’arresto dell’immigrazione musulmana, la messa al bando del burqa e del niqab in pubblico, nessuna nuova costruzione di moschee e il monitoraggio dei templi islamici esistenti9. La leader del partito, Pauline Hanson, è stata criticata per aver indossato un burqa in una delle camere del Parlamento, nel tentativo di sostenere il divieto di indossare l’abito islamico. Il procuratore generale George Brandis ha avvertito la Hanson di stare attenta ad offendere la «sensibilità religiosa degli australiani», aggiungendo che «offendere [gli abiti religiosi di una comunità] è una cosa spaventosa»10.
Nel giugno 2016 l’Alta corte federale ha respinto una richiesta di ricorso contro la costruzione di una moschea a Bendigo, nello Stato di Victoria, e ha ordinato al ricorrente principale di sostenere le spese processuali11. Nel 2017 il governo ha commissionato uno studio sulla reazione alla moschea di Bendigo per comprendere l’impatto divisivo della controversia sulla popolazione locale e in particolare sulla comunità musulmana12.
Nel settembre 2017, tre uomini appartenenti a un gruppo di estrema destra sono stati riconosciuti colpevoli di incitamento al disprezzo e alla ridicolizzazione dei musulmani per una protesta promossa nell’ottobre 2015 contro la costruzione della moschea di Bendigo. Gli uomini avevano decapitato un fantoccio con una spada giocattolo di fronte agli uffici del Consiglio comunale mentre urlavano «Allahu Akbar» (Dio è grande) e versavano sangue finto13.
Secondo un rapporto del 2017, la «comunità ebraica è l’unica comunità in Australia i cui luoghi di culto, scuole, organizzazioni comunali e centri comunitari hanno bisogno, per ragioni di sicurezza, di operare sotto la protezione di alte recinzioni, guardie armate, metal detector, telecamere a circuito chiuso e simili. La necessità è riconosciuta dalle forze dell’ordine australiane e deriva dalla natura radicata e mutevole dell’antisemitismo nella cultura occidentale e musulmana, che negli ultimi trent’anni, si è tradotta in continue minacce e in un’alta incidenza di aggressioni ai danni degli ebrei e degli edifici comunali ebraici»14.
Nel novembre 2016 il Consiglio comunale di Sydney ha approvato retroattivamente un eruv (recinzione rituale ebraica) che era stato costruito un anno prima nel sobborgo di St. Ives. «Un eruv consiste in dei condotti posizionati a diversi metri in aria tra i pali dell’elettricità sul suolo pubblico. Durante lo sabbath, i membri osservanti della comunità ebraica possono condurre attività all’interno dell’eruv, che altrimenti non potrebbero eseguire a causa del divieto loro imposto durante quella festività»15. I membri della comunità cristiana si sono spesi a sostegno della misura, affermando che in Australia «non vi è posto per l'esclusione, la discriminazione, o l’antisemitismo»16.
Un tribunale ha confermato il divieto del Consiglio comunale dell’agosto 2017, relativo alla costruzione di una nuova sinagoga a Bondi, un sobborgo di Sydney, perché ha ritenuto che l’edificazione rappresentasse un «rischio inaccettabile per la sicurezza», in quanto il tempio sarebbe facilmente divenuto un obiettivo dello Stato Islamico (ISIS). Il capo della comunità ebraica locale ha definito la decisione del consiglio e della corte «senza precedenti», aggiungendo che «le implicazioni [della sentenza] sono enormi. Fondamentalmente questa implica che nessuna organizzazione ebraica dovrebbe essere autorizzata ad esistere nelle aree residenziali. Si tratta di soffocare l’esistenza e le attività ebraiche a Sydney, premiando il terrorismo e creando così un precedente per l’intera Australia»17. Alla fine del settembre 2017, sono stati presentati al consiglio progetti di costruzione modificati con misure di sicurezza più elevate18.
Secondo un rapporto del Consiglio esecutivo degli ebrei australiani (ECAJ), gli incidenti antisemiti nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2016 e il 30 settembre 2017 sono aumentati del 9,5 percento rispetto all’anno precedente. Mentre il numero di “attacchi” è rimasto stabile, le “minacce” sono aumentate del 39 percento19. L’ECAJ ha riferito di 230 incidenti, con tre aggressioni fisiche, 76 episodi di abuso, molestie o intimidazioni, 66 episodi di danni materiali, atti vandalici o graffiti, e un totale di 85 minacce20.
Le aggressioni fisiche includevano un uomo ebreo che è stato verbalmente maltrattato, picchiato e gettato a terra in un parcheggio di un centro commerciale di Melbourne e uno studente ebreo insultato e preso a calci su un autobus di Sydney21. Abusi e molestie si sono verificati spesso nei pressi delle sinagoghe e in altri centri ebraici e hanno incluso insulti e minacce urlati da alcune persone dall’interno delle loro auto22.
Gli incidenti di vandalismo includono invece, rocce lanciate attraverso la finestra della casa di un rabbino e diverse svastiche incise su autovetture appartenenti a fedeli ebraici. Nell’agosto, nel settembre e nel dicembre 2016, i cavi degli eruv di St. Ives sono stati vandalizzati più volte23 e nel settembre 2016 la porta di vetro di una sinagoga di Canberra è stata distrutta24. Un sistema informatico di un’organizzazione ebraica è stato violato da un individuo che utilizzava il nome “Dr Mengele” nel febbraio 201725.
In un rapporto che analizza 14 mesi tra il 2014 e il 2015 (il più recente disponibile), sono stati analizzati 243 incidenti raccolti dal Registro dell’islamofobia in Australia. Una delle scoperte chiave è stata che le donne che indossano il velo islamico rappresentano i principali bersagli dell’islamofobia26. Il rapporto ha anche rilevato che i passanti sono in genere riluttanti ad intervenire in favore dell’aggredito, con appena il 25 percento delle vittime che hanno riferito di essere state soccorse da chi aveva assistito alla scena27.
A giugno 2016, mentre centinaia stavano pregando all’interno di una moschea di Perth, all’esterno del luogo di culto è stata incendiata un’auto e sono stati dipinti con vernice spray dei graffiti anti-islamici. Nella stessa settimana un’altra moschea di Perth è stata vandalizzata con graffiti e la testa di un maiale è stata lasciata fuori dall’ingresso principale28. Nel luglio 2016, una moschea di Adelaide è stata vandalizzata con graffiti che recitavano «No ai musulmani» e comprendevano simboli nazisti29.
Nell’aprile 2017 sono stati dipinti con vernice spray dei graffiti anti-islamici e razzisti su una recinzione a Bundaberg, nel Queensland. I leader dell’intera comunità hanno risposto con una denuncia contro l’intolleranza e l’ignoranza e a sostegno della comunità musulmana30. Una testa di maiale e uno zaino con sopra disegnata una svastica sono stati lasciati davanti al cancello anteriore del College Islamico di Brisbane nel luglio 201731.
Le autorità hanno indagato sugli attacchi dolosi avvenuti nel maggio 2016 ai danni di due chiese ortodosse di Melbourne e Sydney32. Nell’aprile e nel maggio 2016, altri roghi hanno distrutto due luoghi di culto a Geelong: una chiesa presbiteriana e la principale moschea che era ospitata nei locali di una ex chiesa cristiana33.
Nel dicembre 2016, un attivista ha guidato un furgone fino alla soglia dell’edificio dell’Australian Christian Lobby di Canberra, causando un danno di 100.000 dollari australiani. L’uomo ha detto alla polizia che ha scelto di colpire quell’edificio perché non gradiva la lobby cristiana a causa della sua «posizione sulla sessualità» e perché «le religioni sono fallite»34.
Un greco-ortodosso con un grande crocifisso è stato attaccato a Sydney nell’aprile del 2017 da quattro uomini che lo hanno insultato, gli hanno strappato il crocifisso dal collo e lo hanno calpestato. Un ministro battista ha riferito che si trattava del quarto attacco religiosamente motivato contro i cristiani di cui era stato informato negli ultimi sei mesi35.
Nell’ottobre 2017 durante il sondaggio dell’Australian Marriage Law Postal Survey, un’indagine nazionale per valutare il sostegno al matrimonio omosessuale, diverse chiese sono state profanate con graffiti come «botte ai bigotti» e «crocifiggiamo chi vota “no”», nonostante le chiese non avessero detto ai parrocchiani come votare nel sondaggio36.
Sembrerebbe che durante il periodo in esame in Australia non vi siano state nuove significative o maggiori restrizioni governative alla libertà religiosa. Tuttavia, sembra esservi un aumentato rischio di intolleranza sociale verso le religioni, alimentato da questioni culturali quali matrimoni omosessuali, conflitti geopolitici e sentimenti anti-immigrazione.